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“LA PARTECIPAZIONE DEI DIRIGENTI PENITENZIARI NEL GOVERNO DELLA SICUREZZA” 09/01/2009
(Le diverse sfaccettature della Sicurezza)

I DIRIGENTI PENITENZIARI DI DIRITTO PUBBLICO intendono mettere a disposizione del Governo e della collettività la loro esperienza nella “governance” della Sicurezza.

Essi intendono farlo partecipando attivamente alle Politiche della Sicurezza le quali non sono, e non possono essere, declinate esclusivamente come “Forza” nei confronti di chi si ponga in contrasto con le leggi penali, ma anche come sostegno nei percorsi di legalità, favorendo le dinamiche dell’integrazione, del rispetto della diversità culturale, delle sensibilità religiose e di quanto serva per comprendere gli altri, al fine di favorire percorsi di conciliazione che prevedano la soddisfazione, non solo morale, delle vittime dei reati ed il diritto alla riparazione da parte dello Stato.
Le carceri italiane, in questi anni, sono diventate cosa altra rispetto a quelle che erano solo 10, 15, 20 anni fa: spesso, nonostante le ben note difficoltà e carenze negli organici (sono oltre 15 anni che non si fanno concorsi per Direttori Penitenziari e di UEPE e quanti, funzionari, attraverso i processi di riqualificazione, aspiravano a divenirlo, per una singolare interpretazione riduttiva della norma, sono stati trasformati in “direttori dell’organizzazione e delle relazioni…”) e nei mezzi strumentali e finanziari, gli istituti penitenziari si sono trasformati in isole di sperimentazione sociale: direttori penitenziari, anche andando controcorrente rispetto alla vulgata del pericolo incombente, insieme con educatori coraggiosi e comandanti lungimiranti, hanno dato vita a numerosissimi progetti articolati, che hanno coinvolto spesso gli enti locali e le ONG, così come gli enti di formazione ed il mondo della scuola, trasformando la realtà penitenziaria in qualcosa che offriva, che offre, comunque una possibilità, una speranza, che aiuta a sollevarsi chi altrimenti, e definitivamente, opterebbe per una vita votata alla criminalità.Uguale intreccio di opportunità sono state costruite all’esterno delle mura penitenziarie, lì dove altrettanti coraggiosi direttori UEPE, insieme con il corpo degli assistenti sociali, hanno saputo tracciare percorsi progressivi di reinserimento.
L’esperienza dei dirigenti penitenziari dimostra come non si debba mai farsi prendere dalla sfiducia e come, con la stessa puntualità, si possano utilizzare la persuasione della forza e la forza della persuasione, come non debba mai albergare nei servitori dello stato il sentimento della rassegnazione, sicuri che i buoni principi, se praticati e non solo invocati, comunque produrranno cose utili per la collettività.La stessa storia dei dirigenti penitenziari dimostra la verità di quel che si afferma: quale altra categoria di funzionari continuerebbe a mostrare la stessa vivacità, il medesimo entusiasmo del primo giorno di lavoro, la stessa civica passione per il raggiungimento dei compiti istituzionali, pur non avendo, dopo oltre 3 anni dalla legge di riforma, ancora un loro specifico contratto di lavoro ?La SICUREZZA per i dirigenti penitenziari non è una cosa eterea e lontana, ogni giorno, allorquando varcano la soglia del carcere, se ne impregnano: la sicurezza, la preoccupazione delle problematiche della sicurezza, costruisce i loro discorsi, il loro metodo di lavoro, il loro obiettivo costante: ma fare sicurezza non significa soltanto esibire la plastica, ed apparentemente più efficace, rappresentazione della “FORZA”, ma anche riuscire ad essere “freddi” quando tutto attorno appare “caldo”, mostrare la capacità di governare le cose difficili, di ridurre al minimo i danni, di dare “anima” alle leggi che impongano divieti ed obblighi e di non dimenticare che le norme, in uno Stato di Diritto, sono per le persone, mai contro di esse.E’ paradossale, e sicuramente ci sarà chi ne scorgerà un’anticipazione dei tempi che stanno maturando, che in molti istituti penitenziari, ove sono costretti a vivere, sotto lo stesso tetto, delle persone che provengono da tutto il Mondo, si realizzino percorsi di legalità e di inclusione sociale mentre all’esterno, in tante periferie, talvolta soffino i venti dell’intolleranza, delle diffidenze etniche, dell’esclusione, deponendo per una Società che pare immobilizzata dalla paura.
Ecco, noi dirigenti penitenziari, che pratichiamo da sempre la complessità, che nella quotidianità ci confrontiamo con le piccole e grandi criminalità, con il disagio sociale che si trasforma in crimine e con le culture che negano la dignità dell’uomo, siamo pronti, ancora una volta, a mettere a disposizione di chi ha compiti e responsabilità di governo le nostre esperienze professionali in tema di sicurezza, perché noi stessi siamo operatori specializzati in questo campo, dove il rischio di semplificazioni, e di ricette di macelleria sociale affrettate, favorisce l’acutizzarsi delle problematiche, se non addirittura la loro permanente cronicità.Sbagliano, solo per fare alcuni esempi, quanti ci considerino meri osservatori delle “questioni-proposte”, in tema di deflazione della popolazione carceraria, che attengano alla messa alla prova, ai “braccialetti elettronici”, alla realizzazione di nuovi, moderni e dignitosi, istituti penitenziari; così come siamo fattivamente attenti e propositivi nei processi di riorganizzazione del ministero della Giustizia ed all'esecuzione penale minorile: sappiamo, e possiamo incidere,di più di quanto si creda e confidiamo che il Governo saprà fare tesoro della nostra esperienza, addestrata sulle cose concrete e non su fumosi discorsi di chi non conosce per davvero il Mondo, in rapida evoluzione, delle Carceri e della pena.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

Link utili

rassegna stampa su www.studiocataldi.it