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LE MINACCE AL VICE CAPO DEL DAP, DR. DI SOMMA, NON SPAVENTANO NE’ LUI NE’ GLI OPERATORI PENITENZIARI 28/02/2008
(I direttori penitenziari d’istituto e degli uffici dell’esecuzione penale esterna del SI.DI.PE. esprimono la solidarietà)
Solo alcuni giorni fa, il 25 febbraio, il SIDIPE, che con la CISL costituisce oltre il 71% della rappresentatività dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico, manifestava l’esigenza, nel prossimo futuro, di conferire all’amm.ne penitenziaria il riconoscimento, pieno, di un’autonomia funzionale ed organizzativa che si ritrovi pure nella massima espressione dell’amm.ne, attraverso un Capo del DAP proveniente, esclusivamente, dalla dirigenza penitenziaria e non, come avviene ora, dalla magistratura. Seppure, infatti, nutriamo nei confronti dei magistrati grande stima e rispetto, non possiamo fare a meno di ritenere, nell’epoca attuale, anacronistico il persistere della prassi, in quanto la complessità dell’attività di alta amministrazione dell’organizzazione penitenziaria mal si coniuga con l’inserimento, chirurgico, di professionalità che andrebbero più proficuamente utilizzate nelle aule di giustizia, negli uffici di studio e ricerca, nelle segreterie o gabinetti ministeriali. Se quel che diciamo non fosse condivisibile, perché mai analoga cosa non risulta praticata per altri corpi di dirigenti di diritto pubblico, quali ad esempio, i funzionari prefettizi, i dirigenti delle forze di polizia, etc. ? E che i dirigenti penitenziari costituiscano qualcosa di più nel comune sentire, anche delle criminalità, lo si ricava dall’atto intimidatorio di quanti, portatori di interessi oscuri, che nel caso in specie sembrerebbero richiamarsi alle tradizionali, e finanche “conservatrici”, fazioni terroristiche del Partito Comunista Combattente, hanno indirizzato al Vice Capo del DAP, dr. Emilio DI SOMMA, inviandogli una busta contenente dei proiettili insieme ad un minaccioso avvertimento. Com’è noto, il dr. DI SOMMA – ad oggi – rappresenta l’avanguardia della dirigenza penitenziaria presso il delicatissimo Dipartimento dell’Amm.ne Penitenziaria; una dirigenza che certamente annovera tra i propri meriti quello di avere mantenuto il sistema penitenziario italiano all’interno dell’alveo costituzionale, a fronte dell’alternarsi veloce di capi dell’amm.ne penitenziaria provenienti dai ruoli della magistratura (tra le personalità più note, i Presidenti Amato, Coiro, Margara, Caselli, Tinebra ed ora Ferrara), evitando il rischio che trasbordasse, irrimediabilmente, verso modelli che mortificassero l’obiettivo della rieducazione dei detenuti e del rispetto della dignità delle persone ristrette, o che scivolassero in quelli opposti, del primato ad una politica assistenziale fatta spesso solo di parole, nonché dimentica della domanda di sicurezza che proviene dalla collettività e dalle vittime dei reati. L’essere riusciti ad evitare pericolosi sbilanciamenti in un senso e nell’altro, può costituire il merito più evidente dei tanti dirigenti penitenziari i quali, al di là delle ideologie e delle isterie garantiste o giustizialiste del momento, pur senza smettere di denunciare, anche pubblicamente, le incongruità che le alternatesi sensibilità politiche scaricavano sul sistema penitenziario, rese visibili dalla costante e progressiva riduzione di risorse finanziarie, di personale penitenziario, dalle deprecabili condizioni delle strutture edilizie, etc. etc., hanno invece consentito di salvaguardare i principi fondanti del nostro sistema. Certamente non è insignificante doversi confrontare con i dirigenti penitenziari i quali, per forma mentis, sono addestrati ad amministrare la cosa pubblica, piuttosto che perdersi in dotte disquisizioni e nell’effimero “penitenziario”: nella quotidianità, infatti, devono essere costantemente in grado di fornire soluzioni concrete e percorribili per assicurare il funzionamento delle strutture e degli uffici, al fine di consentire la certezza della pena, evitando di suggerire scorciatoie e/o inversioni di marcia, sotto le caduche vesti di misure clemenziali singole o di massa. Forse anche questo spaventa la Criminalità, comune o organizzata che sia, politica o religiosa, bagattellare o sofisticata. Il dr. DI SOMMA, al riguardo, rappresenta la concreta possibilità che il desiderio legittimo di una intera categoria di “civil servant” si avveri, che finalmente si perfezioni quella riforma, oggi ancora “monca”, dell’Amm.ne Penitenziaria, datata 1990, la quale ha sempre avuto l’esigenza di riconoscersi in un’unica identità di personale penitenziario, risultando “innaturale” la differenziazione nei trattamenti giuridici ed economici tra poliziotti penitenziari e operatori penitenziari, posto che sia gli uni che gli altri vivono, convivono, ed esprimono la stesse esigenze di sicurezza e di trattamento rieducativo, in quanto si identificano nella medesima funzione penitenziaria e nella sua amministrazione. Pertanto, se le minacce al dr. DI SOMMA hanno anche lo scopo d’interrompere un progetto di politica sindacale che vada verso la migliore caratterizzazione degli operatori penitenziari, esse non solo risulteranno vane, ma addirittura contribuiranno a far crescere ulteriormente quello spirito di appartenenza e di unicità che per troppe volte, e con colpevole disinvoltura, quanti perseguivano obiettivi ideologici piuttosto che il bene della collettività hanno mortificato: I DIRIGENTI PENITENZIARI e non solo loro, bensì pure tutto il restante personale sia di polizia che dei ruoli tecnici ed amministrativi del comparto ministeri, si sentono oggi più che mai vicini al proprio Vice Capo del DAP.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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