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ISTERIA DA “INSICUREZZA” 07/09/2007
(Quando il rimedio può essere più dannoso del male)
Da tempo i cittadini, e quanti sono professionalmente tenuti ad interessarsi di problemi di sicurezza e di pace sociale, hanno rappresentato come fosse urgente e necessario mettere in campo una strategia globale, finalizzata a prevenire, contrastare e sanzionare in modo efficace le criminalità, micro o macro, indigene o d’importazione, comunque fossero.
In particolare, pur ovviamente auspicandosi che il Parlamento (e non il Governo), attraverso il confronto ed il dibattito politico, perfezionasse quelle norme che più di altre ingenerano dubbi e perplessità all’atto dell’applicazione e della sanzione, molto più pragmaticamente si attendeva che il Governo (e non il Parlamento) individuasse e conferisse, come atto preliminare ad ogni concreta azione, le risorse finanziarie ed umane affinché – quantomeno – trovassero effettiva applicazione le norme già esistenti.
In realtà, più che di nuove leggi, quantomeno i direttori penitenziari, sentono l’esigenza di vedere effettivamente applicate quelle, numerose, già esistenti e finanche eccessive, tant’è che risulta davvero difficile pensare ad una qualunque situazione personalissima che non sia, alla luce della generosa produzione normativa di tutti questi anni, in qualche modo, suscettibile di una qualche rilevanza penale.
Oggi le carceri, nonostante il grandissimo impegno che viene profuso dalla Polizia Penitenziaria, dal personale specializzato delle aree educative e trattamentali, dal personale tecnico-amministrativo, non riescono a perseguire in termini numericamente apprezzabili (come altrimenti spiegare la recidiva ed il rapidissimo “rientro” degli “ospiti”, al di là degli effetti – tutti prevedibili – dello Tsumani dell’indulto…) quei risultati che il legislatore prima costituzionale, poi quello ordinario, ragionevolmente, pretendeva.
Tra l’altro, la rieducazione ed il recupero delle persone detenute rappresentano anche il percolato di una sensibilità diffusa, la quale non è soltanto quella delle organizzazioni umanitarie non governative, del mondo giuridico e penitenziarista italiano, della Chiesa e di tutti quei rappresentanti politici che, sia da un versante che dall’altro, esprimono comunque fiducia verso l’Uomo, nel senso che ne immaginano sempre il possibile riscatto (e ciò non dovrà, necessariamente, tradursi in un più rapido ritorno alla “libertà”…), ma anche della Gente comune, che esige “sicurezza”, però vuole, contestualmente, il riconoscimento dei diritti ed il rispetto della dignità della persona prigioniera.
Ancora oggi, nonostante le riforme penitenziarie nel frattempo intervenute, le carceri sono viste come “contenitori” nelle migliori delle ipotesi, “scuole del crimine” nelle peggiori.
Un tanto certamente è vero, però soltanto nella misura in cui “solo a parole” si investa in sicurezza e, per quel che ci riguarda, nel sistema penitenziario.
Sa, anzi, di “miracoloso” quello che le direzioni delle carceri, nella generalità dei casi, riescono a realizzare con le modeste risorse finanziarie ed umane che, rispetto a quanto ad esse viene chiesto, vengono messe a loro disposizione.
L’impegno dei dirigenti penitenziari, del personale della polizia penitenziaria, degli Educatori ed Assistenti Sociali, degli operatori tutti, però, non è “ricaricabile” autonomamente ed ha bisogno di essere fortemente condiviso e sostenuto, ancorché dall’opinione pubblica e dalle comunità locali, dal Governo, dal Ministro competente e da tutto l’estabilishment penitenziario.
Solo per fare un esempio, di per se stesso esaustivo dell’attenzione che il Governo pone nei riguardi degli operatori penitenziari, basterà ricordare che i DIRIGENTI PENITENZIARI sono senza contratto da oltre 2 anni…, senza contratto e non con un contratto da rinnovare !
Solo per fare un esempio, basterà ricordare che la quasi generalità degli istituti penitenziari ha un numero di funzionari dell’area pedagogica, gli Educatori, ben al di sotto di quello necessario ove per davvero si volessero attuare tutti quei principi, nobili, civili, e che producono sicurezza, previsti dalla Legge Penitenziaria, a favore dei detenuti (FORMAZIONE SCOLASTICA, FORMAZIONE PROFESSIONALE, LAVORO, RIPARAZIONE SOCIALE , REINSERIMENTO…).
Solo per fare un esempio, basterà ricordare chiedere di conoscere quanto, per la 626/94, effettivamente venga conferito alle carceri per renderle sicure dagli incendi, dalle folgorazioni, da tutti quegli accadimenti che possono tradursi in infortuni, anche gravissimi, sia per i detenuti che per il personale penitenziario.
Solo per fare un esempio, basterà ricordare quale sia lo stato complessivo degli automezzi che trasportano nelle traduzioni i detenuti da un capo all’altro dell’Italia.
Solo per fare un esempio, basterà ricordare se corrisponda o meno al vero che sono state emanate disposizioni che “riducono gli orari di servizio” dei medici di guardia e degli infermieri a parcella, riducendo contemporaneamente le risorse, e contestualmente altre che ampliavano i compiti, cosiddette regole per una “buona accoglienza” (effetto magico delle parole…) dei detenuti nuovi giunti.
Insomma, l’elenco delle contraddizioni, delle furbizie, dei giochi di prestigio, sono tanti e tali che, sentire oggi parlare di “strette” sul fronte della sicurezza, e respirare quell’odiosa atmosfera che sembra richiamare “Leggi Eccezionali”, ci rende ancor più pessimisti.
Il rimedio può essere peggiore del male che si vorrebbe curare: mostrare “finti muscoli” verso una criminalità per nulla finta, e rivolgersi con fare grintoso verso quella che sicuramente potrà essere “la culla” dalla quale perverranno nuove braccia alla prima, non solo risulterà effimero ed a tratti odioso, ma nessun risultato effettivo porterà, anzi farà crescere ancor di più quella sensazione d’insicurezza che attanaglia gran parte del nostro Paese.
Insomma, non di leggi speciali (che tra l’altro mai troveranno i finanziamenti, a regime, necessari…), né di prese di posizioni pantomime di un “Culturismo” della Sicurezza, ma metodicità e puntualità degli investimenti, conferimenti di reali gratificazioni giuridiche ed economiche al personale delle forze dell’ordine, del sistema penitenziario e di quanti, a prescindere che siano appartenenti o meno al comparto sicurezza, con la loro quotidiana azione nei servizi territoriali che si occupano di educazione, di disagio e di recupero, contribuiscono, realmente, a fare sicurezza. Le poste che verranno inserite nella prossima legge finanziaria in materia di sicurezza e l’accelerazione che, speriamo, si vorrà dare alle fasi propedeutiche al nostro primo contratto di diritto pubblico, per giungere ad una rapida definizione, saranno la dimostrazione reale di un impegno effettivo del Governo, al contrario lo giudicheremo per la sua ipocrisia.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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