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Convocazione sindacato per accoglienza detenut | 03/08/2007 | ||||||||||||||||||
Oggetto: richiesta di convocazione urgente del SI.DI.PE. – aff. Cisl/Fps, in materia di organizzazione del lavoro e ulteriori adempimenti, a seguito della lettera circolare n. 181045 del 6 giugno 2007, avente come oggetto: “Linee di indirizzo per i detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza.” In assenza di qualunque informazione preventiva in materia, è stata emanata una circolare il cui contenuto rappresenta l’inusuale prassi di dare per scontata, e concretamente fattibile, l’erogazione di servizi alla persona detenuta, pur in assenza dei necessari contestuali conferimenti di risorse umane e finanziarie e senza che si abbia notizia della stipula, ad esempio, di specifici accordi, intese, convenzioni, protocolli, etc., tra il Ministero della Giustizia e quello della Sanità, e/o tra gli organi centrali statali e le regioni interessate, ancor più se dotate di statuto di autonomia. Tale modo, a dir poco semplicistico, di emanare nuove disposizioni, non solo sconcerta quanti, dirigenti penitenziari periferici, sanno invece di dover agire nel rispetto di procedure ben definite, soprattutto allorquando si debba interagire con gli organismi istituzionali politici rappresentativi delle realtà locali, espressione del territorio, ma disorienta perché offre l’idea di un’amministrazione autoreferenziale, non allenata a mettersi in rete con tutti gli attori istituzionali che abbiano competenze contermini, sussidiarie e/o concorrenti in materia socio-sanitaria e nella produzione di interventi di protezione sociale. Inoltre, attraverso lo strumento della lettera circolare, si dispone l’introduzione di innovazioni di non poco conto, oltre che imputare nuovi specifici adempimenti in capo ai dirigenti penitenziari, senza tener in normativo che risulti confortato dalla Legge Penitenziaria e dal relativo regolamento di esecuzione e/o dalle leggi che disciplinino il servizio sanitario nazionale ed il trattamento di dati sensibili personali che attengano la sfera della salute. Con la predetta circolare si prevede pure la costituzione di organismi stabili (lo Staff di prima accoglienza multidisciplinare, che richiama il tradizionale G.O.T. <Gruppo di Osservazione e Trattamento>) ove figure gerarchicamente subordinate al direttore-dirigente dell’istituto hanno rispetto a lui facoltà di subdelegare (educatore e comandante di reparto): sarebbe interessante chiedere a quanti abbiano, eventualmente, suggerito tale modalità, di far conoscere ed indicare altre realtà amministrative ove ciò risulti consentito… Le speciali novità che si intendono introdurre da parte della Direzione Generale Detenuti e Trattamento avrebbero, quantomeno, dovuto indurre, l’Amm.ne Centrale, al fine di rendere maggiormente fecondo e costruttivo il confronto tra le parti a tutti i livelli delle relazioni sindacali, di produrre l’opportuna informazione preventiva nei riguardi delle OO.SS. Del personale, in quanto tese ad introdurre nuove procedure e atti organizzativi di valenza generale, idonei ad incidere (non si sa con quali probabilità di successo) sull’organizzazione interna degli istituti penitenziari italiani, ancor più in un periodo particolarmente “caldo” e che risente delle prevedibili assenze di personale di tutti i ruoli e comparti. Non risulta che ciò sia avvenuto, e come atto d’imperio è stata calata, sulle direzioni, l’ennesima circolare “impossibile”, e non perché gli scopi della stessa non siano condivisi dalla generalità degli operatori penitenziari, anzi, ma perché, come dovrebbe essere evidente a tutti, non basta enunciare cosa si voglia raggiungere perché si riesca realmente a conseguire lo scopo, bensì risulterà sempre necessario indicare attraverso quali risorse aggiuntive o meno (talvolta basta spostarle da dove appaiano in esubero lì dove, invece, servano per davvero…), con quale gradualità, attraverso quali sinergie con le altre istituzioni interessate e che concordino per la parte di loro competenza, se ne preveda l’effettiva realizzazione. Invece si registrano le distanze che separano l’alta dirigenza dalle periferie: un’alta dirigenza che sembrerebbe l’unica a non essersi accorta delle quotidiane difficoltà in cui si dibattano i direttori penitenziari, i comandanti di reparto, il modesto manipolo di funzionari delle aeree educative in servizio negli istituti, i funzionari contabili, i pochi medici in servizio, gli scarsi infermieri professionali, gli esperti, lo stesso mondo del volontariato. Delude fortemente “il bluff istituzionale”, con la quale si vorrebbe che, per i primi giorni, al detenuto nuovo giunto debba mostrarsi un “carcere accogliente” e dotato di tutti i servizi, dopodichè, superato il “periodo finestra” dal rischio di possibili atti suicidari o autolesionistici, verrà, con disinvoltura, “gettato” nella fossa dei leoni, in stanze disadorne, in ambienti che già tornano ad essere nuovamente affollati di persone detenute, etc.: singolare modo di concepire i diritti della persona detenuta ed i doveri di un’amministrazione penitenziaria che sempre dovrebbe assicurarsi (ed assicurare la collettività) che la detenzione venga consumata nel rispetto dei diritti sanciti dalla carta costituzionale, dalle convenzioni internazionali, dalle leggi ordinarie e, in particolare, quella penitenziaria, e tanto non solo nei riguardi delle persone ristrette, ma anche per rispettare la dignità e l’autostima degli stessi operatori penitenziari, i quali dovrebbero evitare di sentirsi impotenti testimoni di un deficit, concreto ed attuale, di rispetto dei diritti fondamentali della persona, benché “prigioniera”. Colpisce la curiosità che vuole gli uffici della matricole, già troppo spesso sottodimensionate negli organici, e costrette a quotidiani e numerosi adempimenti, doversi sobbarcare un ulteriore onere, all’atto dell’ingresso in istituto del nuovo detenuto, tenute ad accertarsi di eventuali precedenti detenzioni, “richiedendo la cartella personale” del ristretto: probabilmente si ha un’idea approssimativa della consistenza “media” di un fascicolo detentivo, non se ne conosce lo “spessore” cartaceo; si pretenderebbe che tali atti, spesso ingombranti, i quali determinano in ogni istituto penitenziario già seri problemi per la loro archiviazione, “viaggiassero”, con ulteriore spreco di carta, spese postali, trasporto, copiatura, etc. da una parte all’altra della nazione. Sembra non intuirsi cosa possa significare, sempre per gli uffici delle matricole (ma uguale ragionamento andrebbe fatto ove anche si immaginassero altri esecutori…) contattare i servizi sanitari territoriali che avessero avuto in carico, precedentemente, come paziente, il ristretto per assumerne dati sanitari personali. Praticamente, il personale di polizia penitenziaria, già fortemente in affanno, costretto a plurimi adempimenti quotidiani, tenuto ad assicurare innumerevoli notifiche di atti e curare pletore di situazioni, senza alcun ulteriore supporto di organici, di mezzi (fotocopiatrici, toner, carta, carrelli, etc.), dovrebbe garantire questo ulteriore adempimento ! Addirittura si chiederebbe, a dispetto di tutte le disposizioni esistenti in materia di conservazione di alimenti et similia, che in luoghi non deputati a tanto, fossero tenuti e conservati cibi da somministrare alle persone detenute che non abbiano usufruito del pasto, in quanto giunte dopo la distribuzione dello stesso (sacchetti di viaggio, contenenti acqua, pane, frutta non deperibile <quale non si sa, posto che il deperimento dipende da una molteplicità di fattori quali la natura intrinseca del frutto, la sua freschezza, la temperatura di conservazione, il tipo di imballo, la quantità di conservanti, etc.>) senza chiarire, piccolo dettaglio, attraverso quale contabilizzazione e con quali risorse debbano essere pagati, nonché come si debba prevedere per il loro periodico, giornaliero, trattamento (compreso lo smaltimento), dimentichi che tutto ciò che attiene alla conservazione degli alimenti soggiaccia a ferree regolamentazioni, costituendo – di norma – la prima tipologia di controlli che vengono effettuati in sede di ispezione periodica da parte delle aziende sanitarie. Vengono poi dettare procedure “sanitarie” o di esame della personalità, nonché ulteriori adempimenti che attengono a professionalità specifiche del campo medico, paramedico e sanitario, le quali, probabilmente, non mancheranno di destare perplessità tra gli ordini professionali. Si tratteggia una originale qualità dei rapporti tra carceri e territorio, tra carceri ed aziende sanitarie e regioni: in realtà le aziende sanitarie locali, anzi meglio sarebbe dire gli assessorati regionali alla sanità, non sono erogatori di servizi “a gratis”, essi devono saper programmare la spesa, conoscere il fabbisogno di personale, avere contezza dei conferimenti di risorse che dovranno pervenire dallo Stato con il quale saranno all’uopo convenuti, onde non essere costretti ad utilizzare la leva dell’imposizione fiscale e/o dell’aumento delle tariffe. Idem gli enti locali, anzi appare fortemente lesivo del principio della leale collaborazione interistituzionale “porsi” come “ordinatori della spesai” verso soggetti pubblici che non sono propri dell’apparato penitenziario. Insomma, è un singolare modo di interpretare le relazioni interistituzionali quello che si immagina leggendo l’ennesima circolare, e tutto ciò rischia non solo d’incrinare i rapporti con gli enti locali ma, pure, imbarazza quanti sanno della fatica e della complessità che c’è dietro una conferenza di servizio tra diversi soggetti pubblici, dietro un accordo di programma, una convenzione con i servizi sanitari, etc. Auspicando, pertanto, la richiesta convocazione, si porgono i più distinti saluti. |
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Il Segretario Nazionale | |||||||||||||||||||
Dr. Enrico SBRIGLIA | |||||||||||||||||||