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COMUNICATO - "NESSUN TRASFERIMENTO D'UFFICIO PER I DIRETTORI PENITENZIARI C2" 10/07/2004
Il giorno 9 luglio sc. si è tenuto, presso il DAP, un incontro tra la parte pubblica, rappresentata dal Direttore Generale del personale e della formazione, e le OO.SS. CGIL CISL UIL UNSA-SAG, avente come oggetto il trasferimento d’ufficio di diversi nostri colleghi, direttori penitenziari C2 dalle attuali ad altre sedi di servizio.
Alla riunione, quale componente della delegazione della CISL, ho partecipato come SIDIPE-aff. CISL.
Per onestà intellettuale, devo sottolineare come le altre sigle presenti abbiano mostrato attenzione verso la nostra categoria, non ponendo alcuna pregiudiziale nei riguardi dei direttori penitenziari, anzi difendendo con senso di giustizia, misura ed equanimità i diritti di speciali lavoratori pubblici quali sono gli operatori penitenziari nel loro insieme e, tra essi, i direttori.
Ho interpretato il clima del confronto, e spero che ulteriori occasioni di leale confronto me lo confermino, quale occasione di superamento di irragionevoli barriere concettuali che, in questi anni, troppe volte abbiamo dovuto subire da parte di quanti, con troppa facilità, continuano a considerarci “l’altra parte” e non, invece, convinti funzionari dello Stato, di cui ci sentiamo lealmente serventi, ma comunque non certamente diversi, nei diritti, dagli altri operatori penitenziari, sia di polizia che dei diversi profili e/o ruoli tecnici, la cui presenza e specialità arricchisce il panorama professionale del nostro settore pubblico, sensibile e di alta rilevanza sociale.
Devo anche sottolineare, e con sincero piacere, che pure il Direttore Generale del Personale e della Formazione ha mostrato di recepire le doglianze su ipotesi di provvedimenti che, allo stato attuale delle norme contrattuali, non soltanto avrebbero meritato degli approfondimenti ma che, comunque, avrebbero penalizzato oltre misura i destinatari degli stessi, poco importando che il loro numero fosse modesto o significativo, in quanto una ingiustizia perpetrata nei confronti di un solo funzionario penitenziario non può non essere interpretata come rivolta alla generalità degli operatori.
Gli attuali trattamenti economici “goduti” dai direttori NON consentono di rendere appetibili trasferimenti d’ufficio che nulla incentivino, ancor di più ove si venga sradicati da sedi per le quali si era concorso e che, vogliasi per questioni di carattere personale e familiare, vogliasi per scelte individuali, appena compensano un quotidiano sacrificato impegno professionale.
E poi eventuali trasferimenti d’ufficio devono rientrare all’interno di un piano di mobilità che non consenta dubbi di sorta sul perché si scelgano alcuni e non altri, che tenga conto di situazioni personali di carattere familiare (carichi familiari, presenza di congiunti o conviventi portatori di problematiche sanitarie, presenza di figli di età scolare, coniugi o conviventi che lavorino presso le medesime località), patrimoniale (abitazioni di proprietà, esigenza di trovare una abitazione ove non si usufruisca di alloggio demaniale, etc.), etc., insomma non si può decidere sulla vita delle persone con un tratto di penna.
Eppoi, perché non utilizzare, nell’emergenza, e sempre all’interno di una cornice di regole condivise nel metodo, pur lasciando libera l’amministrazione di decidere, altri istituti contrattuali quali, ad esempio, le missioni continuative per tempi contingentati, almeno consentendo un modesto rimborso di spese (albergo e pasti).
Se pur ci si rende conto che alcune aree geografiche del Paese soffrono una penuria di organici dei direttori C2 e C3 più di altre anche in affanno, non può essere rivoltato ai funzionari in questione l’onere di esserne la soluzione a costi “zero”.
Se lo Stato riconosce un problema deve, contestualmente, trovare le risorse per affrontarlo e non metterlo in conto, apoditticamente, sui funzionari direttori del momento.
Rilevare che la Parte Pubblica mostrava di comprendere le difficoltà evidenziate da quelle sindacali non è un successo per quest’ultime, bensì è un successo per la ragionevolezza che riguarda tutte le parti e che riduce ab initio un possibile contenzioso fatto di ricorsi, impugnazioni, strategie individuali e collettive di resistenza attraverso le quali, comunque, gli obiettivi che l’amm.ne vorrebbe raggiungere risulterebbero – nella sostanza - allontanati.
E’ interesse di tutti, infatti, risolvere le problematiche penitenziarie, ma all’interno di un quadro strategico complessivo che debba investire, anzitutto, la sfera politica, meglio ancora se in senso trasversale, perché il sistema penitenziario è dello Stato e non soltanto di chi governi pro-tempore.
Nessun direttore C2, fino a quando non si converrà sul metodo e sugli incentivi, dovrà essere trasferito d’ufficio, ma questo deve spronarci a ricercare, insieme con le altre OO.SS. e la parte pubblica, la migliore soluzione perché i problemi, che poi si riflettono sulla collettività e sugli stessi operatori penitenziari nonché sulla popolazione detenuta, vanno affrontati e risolti e non rimandati ad altri.
Oggi, quindi, non festeggiamo una vittoria: non c’è nessuno che perde e nessun altro che vince; oggi prendiamo atto di un diverso spirito che, mi auguro, anima quanti, a prescindere le sensibilità politiche, partitiche, sindacali di ognuno, vogliano contribuire alla reideficazione di un sistema di regole strumentali ad un’amministrazione penitenziaria che vogliamo forte, seria, convinta della propria mission istituzionale e rispettosa degli operatori, qualunque sia il loro profilo, ruolo, contratto d’appartenenza.
Qualcuno potrà dire che non è tanto, noi del SIDIPE diciamo che non è poco, finalmente.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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