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COMUNICATO - "ABBIATE PAZIENZA" 24/05/2004

E’ dei giorni scorsi un appello, lanciato da un’organizzazione sindacale che con il precedente governo aveva occupato, ed i segni si vedono ancora, manu militari il DAP, contribuendo a scipparci l’art. 40 della Legge 395/90, nell’ottica demagogica che “siamo tutti uguali dal punto di vista stipendiale” seppure diversi alle responsabilità”, di proporre, allo stato attuale delle norme penitenziarie, l’innaturale “ALLARGAMENTO” della MEDURI ad altre categorie professionali, diverse dai Direttori Penitenziari d’istituto e di centro di servizio sociale “D.O.C.”.
Ed un tanto, nonostante che le responsabilità continuino, come vivete quotidianamente sulla Vostra pelle, a gravare sui direttori penitenziari di centro, d’istituto e dei vari servizi penitenziari.
Noi non contestiamo la legittima aspirazione di ogni lavoratore di vedere premiata, in misura proporzionale, rispettosa delle effettive “fatiche” intellettuali e fisiche, del concreto ruolo operativo, del carico di responsabilità conseguenti, l’attività che REALMENTE svolga, anzi...
E’ però importante non mistificare la verità delle cose, non sarebbe giusto, non sarebbe moralmente corretto.
L’unica categoria professionale penitenziaria che ha visto in questi anni di mortificazione la propria professionalità esclusiva penalizzata, allo stato delle cose, è la nostra.
Pensate, se ci avessero lasciati da sempre nel “comparto ministeri” (senza la breve parentesi dove ci illusero di rispettare una obiettiva diversità di funzione, ponendoci nel comparto sicurezza con l’art. 40 della legge 395/90), con le disposizioni che vigevano allora in materia, dopo soli 5 anni di permanenza nella ex carriera direttiva, avremmo potuto concorrere per la dirigenza…, avremmo potuto partecipare ai corsi concorsi per la dirigenza, avremmo potuto sfruttare tutta una serie di opportunità che, senza attendere singolari corsi di “riqualificazione”, i quali nella realtà, nulla a noi hanno di speciale effettivamente riconosciuto, ci avrebbero consentito, seppure all’interno di un comparto “stretto”, perché non adeguato alle effettive e quotidiane responsabilità professionali attribuiteci ed ai più volte richiamati principi di specialità che anche il diritto internazionale ci riconosce, di percorrere, senza preoccupazioni significative, carriere per le quali eravamo naturalmente addestrati ed orientati perché da sempre DIRIGENTI di fatto.
Oggi, dopo il vergognoso scippo, avvenuto con la complicità di quanti, in queste ore, vorrebbero derubarci anche della “Meduri”, siamo ancora al palo di partenza, mentre tutte, ribadisco tutte, le altre categorie professionali (ora si dicono “Famiglie”…) hanno avuto i loro riconoscimenti “automatici”, riordini, etc., addirittura appaiandosi se non superandoci “senza colpo ferire” e, quasi a volerci irridere, alcuni ora si autoattribuiscono titoli di Direttore a iosa senza mai avere diretto, nella sostanza alcunché se non, esclusivamente, le loro dignitose ed estimabili persone.
Lunghe teorie di funzionari sostanzialmente “irresponsabili” di fronte all’A.G. ordinaria, a quelle speciali, al mondo parlamentare, ai mass-media, alle OO.SS., etc. etc., ci ricordano, con pretestuose rivendicazioni, con esplicite o implicite osservazioni, di essere come Noi, anzi diverse, sostanzialmente “le migliori”.
Ebbene sì, questi “Miglioratori del Mondo” lo sono certamente, nel senso che noi, purtroppo, anche i più giovani colleghi sbattuti, senza alcuna preoccupazione, da un giorno all’altro, nelle carceri o nei centri ove occorra un “Direttore DOC”, siamo “usurati”, consumati, dalle responsabilità che, alla luce del quadro normativo presente, individuano soltanto in noi gli immediati e più importanti interlocutori istituzionali di fronte a chiunque guardi verso il sistema penitenziario.
Se in un carcere il vitto dei detenuti non è gustoso, la colpa è del direttore, se le docce non funzionano, la colpa è del direttore, se gli stipendi non sono pagati puntualmente, la colpa è del direttore, se un detenuto si suicida, scappa, piange o ride, la colpa (anche se talvolta non si dice…) è del direttore, se le relazioni familiari non arrivano per tempo alla magistratura di sorveglianza, la colpa è del direttore del Centro, se l’ex detenuto non trova idonea sistemazione abitativa, è sempre del direttore del Centro, se il paziente in OPG non mostra miglioramenti dopo avere transumato in tutti i dipartimenti di salute mentale del sistema sanitario regionale, la colpa e del Direttore-Medico della struttura penitenziaria sanitaria, se gli agenti di polizia penitenziaria si assentano in modo “anomalo”, la colpa è del direttore, se, se, se…ma i responsabili saremo sempre NOI !
E’ sconcertante ed avvilente l’assenza di lealtà nei nostri confronti, la mistificazione della realtà, il travisamento delle rappresentazioni.
Persone che sono rimaste comodamente “fisse nel tempo” in posizioni impiegatizie, sostanzialmente uguali, nelle stesse sedi di servizio, e che, solo con il correre del tempo, si sono poi ritrovate, attraverso corsi di riqualificazione a loro esclusivamente destinati, con una o due posizioni in avanti, si autoproclamano nostri “pari”, anzi di più.
Chissà, se avessimo fatto, come per altre categorie professionali penitenziarie dei corsi, ad esempio di vice-sovrintendenti, ci saremmo poi trovati ispettori, e poi commissari e oggi questori di un ruolo speciale, mah !
Ci illudevamo che per governare una città-carcere fossero necessari taluni attributi, quegli stessi attributi che ci consentono oggi di guardare, con sdegno e con pazienza questa ennesima provocazione ai nostri danni.
Meno male che, almeno per una volta, la Politica, quella che non è condizionata da tessere e da organizzazioni sindacali strumentali al sistema partitico, quella che non è al servizio di poteri più o meno evidenti, quella che non ha occupato università, palazzi di giustizia e altro, ha percepito la nostra personale difficoltà di speciali servitori dello Stato e si è riconosciuta in un disegno di legge, quello n. 1184 Atto del Senato, cd. “Meduri”, che ci restituisce la dignità trattamentale e giuridica negataci da altri che tutti bene conosciamo ed oggi, semmai, si autoeleggono nostri “paladini”, dopo averci venduto per pochi danari.
A tal riguardo Vi informo della lettera del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri Gianfranco FINI, n. prot. VPCM.UG.ea/2964/04/3.23, dell’11 maggio scorso, il quale, pure a fronte delle complesse problematiche e responsabilità di governo che lo investono in questi difficili momenti per il nostro Paese, a fronte di un quadro internazionale preoccupante sia sul piano della sicurezza che su quello economico, formalizzava e sottolineava come avesse interessato della questione il Presidente del Gruppo Parlamentare di A.N. presso il Senato della Repubblica affinché, nel prosieguo dei lavori che attengono il DDL “Meduri”, già esaminato nelle sedute del 1° e 20 aprile, si arrivasse alla sollecita definizione dello stesso.
Mi risulta che sul disegno di legge vi siano state ampie convergenze di tutta una maggioranza parlamentare la quale, finalmente, ha riconosciuto quello che in ogni ordinamento penitenziario degno di questo nome è celebrato con chiarezza, e cioè la primazia della figura del direttore penitenziario, quale garante della legalità, del trattamento, della sicurezza rispettosa dei diritti della persona, che nessun’altra può vantare, a pena di pericolosi squilibri e/o leggerezze capaci di incidere, non poco, sulla sicurezza della collettività e sul modo con il quale la pena debba essere interpretata, all’interno di un quadro di regole ove il rispetto delle norme non riguardi soltanto il detenuto ma anche quanti ad esso debbono attendere (e forse è questa la maggiore preoccupazione per alcuni…).
Ma, a chiosa di quanto comunicato, non posso esimermi da esprimere dal notare come sia lunga la strada del cambiamento anche all’interno della nostra amministrazione se è vero, come è vero, che dopo avere finalmente costituito i ruoli direttivi della polizia penitenziaria, si è ritenuto di impegnare queste nuove figure professionali in qualcosa che lascia sbalorditi, quantomeno quanti, come il sottoscritto, si illudono di avere della polizia penitenziaria una visione diversa, più articolata e complessa, più elaborata, e cioè la previsione di una “ parata” di commissari alla festa della Repubblica.
Non ricordo di avere mai visto marciare compagnie composte da soli ufficiali Capitani dei Carabinieri o di Commissari della Polizia di Stato o di pari grado della Guardia di Finanza nelle pubbliche adunate, semmai solo alcuni di essi comandavano dei plotoni aut similia.
Credevo, ingenuamente, che il marciare appartenesse allo stato adolescenziale, iniziale di quanti indossassero l’uniforme, e non per screditare “il passo comune”, ma proprio per esternarlo come massima vitalità in assenza di ancora acquisita esperienza professionale, invece non era così, tant’è che simpatici e attempati nostri commissari, molti dei quali per anni hanno comandato centinaia se non migliaia di unità di polizia penitenziaria in carcere difficili, avranno il piacere di marciare, serrati e tesi, innanzi a quelle autorità pubbliche che pensavano di avere servito, e di servire ancora, con il loro quotidiano impegno in carceri dove sempre più si sente il bisogno di specializzazioni investigative, psicologiche, giuridiche, comunicazionali.
La marcia, quindi non è finita, c’è ancora tanta strada, istituzionale e non da percorrere.
Ma anzitutto e prima di tutto vogliamo il nostro riconoscimento professionale, vogliamo la MEDURI.
A tal riguardo, non posso fare a meno di ringraziare, per l’attenzione dedicataci, i tanti parlamentari che ci stanno aiutando in questo legittimo riconoscimento.
Il Presidente della Commissione Giustizia Sen. CARUSO, i Senatori MEDURI, RAGNO, VIZZINI, CENTARO, ZICCONE, BOEMI, e tanti altri della maggioranza di Governo e non, che con diversi ministri, CASTELLI, GIOVANARDI, etc. e sottosegretari della Repubblica stanno sostenendo il provvedimento.
Non ci dimenticheremo di loro e di quanti, dal Dipartimento, iniziando dal Capo del DAP, Pres. TINEBRA, hanno inteso riportare Giustizia.

 

P.S.: Chiedo scusa se il comunicato ove informo della lettera del V. Pres. FINI sia stato fatto solo oggi, ma a causa di un grave lutto (il giorno 13 scorso ho perso mio Padre), non ho avuto la possibilità di informarvi in tempo reale, in quanto non in grado di farlo con la necessaria attenzione.

Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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