A tutti gli iscritti del SI.DI.PE
Dirigenti e Direttori Penitenziari, di C.S.S.A.
di O.P.G.
Loro Sedi
Oggetto: Attivazione del sito internet del SI.DI.PE. (WWW.sidipe.it)
Come previsto nel programma dell'attuale segreteria nazionale, che costituiva uno degli impegni
congressuali del sottoscritto e di tutti i vice-segretari nazionali, grazie alla indispensabile e sempre più preziosa
collaborazione di colleghi in servizio presso il DAP, a Roma, è stato attivato il nostro sito internet~,Sidjpe.it,
attraverso il quale sarete costantemente aggiornati su tutte le iniziative afferenti il nostro sindacato.
Attraverso il sito, inoltre, potremo utilizzare forme nuove di partecipazione diretta degli iscritti, rendere
più facile la reciproca informazione e comunicazione, scambiare esperienze professionali.
Il sito potrà anche consentirci di convenire su nuove e migliori prassi da adottare nello svolgimento dei
nostri non facili compiti istituzionali, pure allo scopo di autotutelarci nei confronti di quanti, diversi, gbcando sulla
complessità, e pertanto sulla vastità, di funzioni, attività, procedimenti che ci vedono principali attori, scaricano
su di noi responsabilità improprie, conseguenti a mancate riforme, credibili e complessive, del sistema
penitenziario; oppure, senza tenere conto delle conseguenze che derivano in ambito penitenziario da novelle e/o
modifiche normative (pensate ad esempio alle leggi sull'immigrazione e/o sulla droga...), in assenza di una
lungimirante strategia unitaria sul fronte delle politiche sociali, sconoscono che talune misure possono risultare,
. in mancanza di contestuali interventi collaterali in materia di pubblico impiego, di sanità, di legge e regolamento
penitenziario, inconciliabili o poco praticabili, se non addirittura capaci di rendere ancora più problematica
l'attuale già difficile situazione.
Infine, e non da poco, si da per scontato che le prestazioni professionali delle categorie interessate,
strumentali al fine della realizzazione di quanto vorrebbe conseguire il legislatore cogituzionale e quello
ordinario in materia penitenziaria, siano assicurate in sé, senza awedersi, invece, che a causa di diversa
previsione retributivo-trattamentale di natura contrattuale, in quanto innaturalmente siamo stati collocati nel
comparto "ministeri", piuttosto che in quello speciale segmento di lavoro di diritto pubblico, hanno confermato
come si preferisse, per cecità politica ed in odio alla categoria, sconoscere la peculiarità delle nostre funzioni,
favorendo, al contrario, l'instaurarsi di preoccupanti sovrapposizioni, la conseguente conflittualità con altre, pur
importanti, figure professionali che, allo stato attuale delle norme, a noi sono subordinate nello svolgimento delle
proprie attività, con risultati non sempre coerenti con la logica e con il buon andamento di una pubblica
amministrazione trattante materie così sensibili sul piano della sicurezza nazionale e locale.
Come sapete, da qualche tempo, anche grazie al fondamentale sostegno morale pervenutoci dai
massimi vertici dell'amministrazione, posto che anch'essi soffrono le conseguenze di una stratificazione almeno
decennale di inazione propositiva nelle politiche di governo del personale penitenziario dei ruoli non
appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, si sta formando, finalmente, in Parlamento una nuova
consapevolezza sulla esigenza di riformare, cominciando dalla nostra ricollocazione in una apposita finestra di
"diritto pubblico", con tutti gli oneri ed onori conseguenti, l'attuale vetero-ideologico sistema penitenziario dove
agli annunci propositivi non si è mai accompagnata una sostanziosa attribuzione di risorse umane e finanziarie
(basterebbe pensare alla difficoltà che incontriamo quotidianamente nell'offerta trattamentale di lavoro
intramurario ai detenuti, oppure alla irresponsabile carenza di personale dei ruoli tecnici dell'area pedagogica e
di ragioneria, etc.), anzi, si è proceduto verso forme di trattamento del personale che ricordano una sorta di
. panassociativismo professionale penitenziario, dove tutti si sentono "direttori" di qualcosa, ma soltanto uno
risponderà verso l'universo mondo. Patetico e velleitario è il tentativo di eliminare le differenze promovendo tutti al grado di generali, quasi
come se esse, in ambito lavorativo, significassero assenza di democrazia e non normale e consolidato modello
organizzativo in sistemi complessi.
Sembra quasi che ci si debba vergognare delle differenze professionali: esse, per alcuni, non avrebbero
motivo di esistere, tant'è che la filosofia di fondo risulta essere che i corsi di aggiornamento debbano riguardare,
congiuntamente, l'insieme degli operatori penitenziari: forse in tal modo si soddisferà la domanda "bassa" di
formazione, non certo quella proveniente dal personale più qualificato: insomma, risulterà un compositum
artificiale quello di mettere insieme, per i corsi più vari, Direttori e altre figure professionali mostrando di non
tenere conto che queste ultime, rispetto i primi, mancano di titoli specifici di studio, di esperienze professionali
pregresse sia sul campo scientifico che non: la democrazia alla quale tutti crediamo ed aspiriamo rischia così di
venire mortificata e umiliata attraverso una pratica che se può dare la sensazione di "innalzare" alle
problematiche più complesse i profili e le qualifiche di base, certamente demotiva quelle apicali.
Forse che i funzionari prefettizi, quelli della polizia, i magistrati, i questori, i presidi allorquando fanno
corsi di aggiornamento un tanto svolgono con i commessi, segretari, funzionari di vario livello, con i loro
sottufficiali, con il personale di bidelleria, etc. ?
Certo, vi possono essere situazioni di confronto, di interrelazione, di scambio di idee, ma non una
metodologia che sembri, in realtà, il tentativo di affermare teorie di ispirazione ideologica ed egualitaria le quali,
\ se parzialmente comprensibili sul piano dei diritti di cittadinanza, non sono strumentalmente idonee al
raggiungimento degli obiettivi istituzionali ai quali siamo tutti asserviti con diversità di livelli di responsabilità.
Altra cosa è motivare gli atti, renderli accessibili, adottare regole di partecipazione, accettare il confronto
con tutte le figure professionali, etc. etc.
A quanti criticano la nostra pretesa (la quale è anche un grido d'allarme), sulla esigenza che in nostro
rapporto di lavoro sia di diritto pubblico, dobbiamo senza indugio replicare che tanto non facciamo per motivi
meramente economici, seppure non ci sono indifferenti, in quanto chiediamo il "nostro", ma perché è assurdo
che il carcere, l'umanità che vi è costretta, la sicurezza dei cittadini che ne consegue, siano in mano a funzionari
che nemmeno hanno più l'obbligo normativo di giurare fedeltà allo Stato, alla Costituzione, alle leggi della
Repubblica: può sentirsi garantito il cittadino da un Direttore Penitenziario (o di OPG o di CSSA...) che non è
tenuto, sul suo onore, a rispettare la legalità e di imporla, ove questa non fosse assicurata, con tutti gli strumenti
di cui dispone all'interno della realtà ove opera?
Badate, non sono questioni di mero principio: un genitore, un coniuge, chiunque avesse un proprio caro,
a torto o a ragione, ristretto in un carcere, non può essere costretto ad accettare che la vita del suo congiunto
non sia custodita con la massima attenzione, rispetto della dignità, sensibilità e senso dello Stato che il massimo
responsabile di quella struttura deve necessariamente avere; un carcere dove il lavoro del direttore fosse
interpretato non come una funzione di alta rilevanza pubblica, ma come quella di qualunque altra professione o
mestiere, alla stregua di una qualsiasi attività, seminerebbe paura e sgomento, descriverebbe un carcere ben
diverso, seppure in linea con la vulgata cinematografica, con un immaginario collettivo che vede gli istituti di
pena come scuole di violenza e non luoghi dove emerge, con tutta la fatica che contraddistingue le cose
importanti e civili, il diritto e il nostro umanesimo.
Non è, quindi, solo una questione di mera rivendicazione.
Con l'occasione, informo tutti i componenti la segreteria nazionale, la Presidenza, i probiviri e il collegio
\ dei revisori dei conti, che, salvo imprevisti, in data 21 e 22 gennaio sono stati convocati per la programmazione
delle attività connesse al Sindacato.
Si accertino, comunque, che pervengano per tempo i relativi permessi sindacali chiesti, oggi, alla FLP.