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“IL CORAGGIO DI DECIDERE” 11/05/2010
(I DIRETTORI PENITENZIARI DEL SI.DI.PE. SONO VICINI AL MINISTRO ALFANO ED AL SOTTOSEGRETARIO GIOVANARDI)
Condividiamo la finalità del Ministro ALFANO all’introduzione di più efficaci strumenti normativi per il governo effettivo dell’esecuzione penale, attraverso la ragionevole previsione degli istituti della messa in prova e della detenzione domiciliare, per talune tipologie di condannati obiettivamente “meno pericolosi. In tal modo risulterebbero meglio utilizzate le risorse pubbliche che i contribuenti sono costretti a finanziare, consentendo che le stesse, già di per se insufficienti, vengano più opportunamente indirizzate verso il controllo di quanti, detenuti con maggiori capacità criminali, costituiscono motivo di preoccupazione per la sicurezza pubblica: sempre che per davvero si voglia fare sicurezza, non limitandosi ad attendere l’esplosione del sistema penitenziario e gli effetti destabilizzanti che potranno derivarne per la SICUREZZA TUTTA, non solo quella carceraria. Oggi le carceri sono sotto gli occhi dei cittadini e chiare devono esserne le responsabilità: NOI, direttori penitenziari, continuiamo a rilevare un deficit di alta progettualità ed osserviamo, da parte dei massimi livelli, una mancata comprensione della complessità; registriamo, inoltre, metodologie di gestione e stili di leadership cupamente burocratiche ed un approccio organizzativo di tipo vetero-paternalistico e/o “grazioso”, mentre il corebusiness del lavoro dovrebbe essere soprattutto di “rete” di servizi, di collaborazioni aperte, di piani ed accordi di programma, di costante confronto e dialogo serrato con tutte le professionalità e competenze, non solo penitenziarie e/o dello stretto entourage dei “fedelissimi”, con chiara vision del territorio e delle opportunità che lo stesso può offrire in termini di sinergie, se non anche risorse, al sistema penitenziario. Ci auguriamo, al riguardo, che nella stesura del “Piano Carceri”, nel caso di nuovi insediamenti penitenziari, si tenga particolare conto e “rispetto” dei territori, e delle differenze che possono registrarsi tra gli stessi, chiaramente percepibili spostandosi dalle aree geografiche più problematiche, dove andrebbero rafforzati e migliorati gli istituti contrattuali, nonchè immaginate forme di incentivo per il personale, rispetto a quelle dove le realtà economiche sono più dinamiche e produttive ed il tessuto sociale più strutturato, nelle quali potrebbero sperimentarsi, in accordo con le autonomie locali, forme di maggiore coinvolgimento di quelle, per renderle ancor più impermeabili agli attacchi delle criminalità organizzate. Al momento, invece, prendiamo atto di come l’attuale stile di governo dell’amm.ne penitenziaria appaia agli occhi della periferia, da noi fortemente rappresentata, priva della del confronto anche con i direttori d’istituto e di uepe che la incarnano nei rapporti con i cittadini e le istituzioni, e ciò non può che preoccuparci; così come non rileviamo un effettivo coinvolgimento delle altre realtà, in particolare quelle delle autorità locali e regionali, del mondo del volontariato, di quello universitario e della formazione scolastica e professionale. In verità, è meglio che il Ministro sappia, la generalità delle utili iniziative che sono realizzate sul territorio sono, di regola, il frutto di un lavoro in solitario dei direttori d’istituto e di uepe, e dei loro diretti collaboratori: comandanti, direttori delle relazioni ed organizzazione, educatori, collaboratori amm.vi, assistenti sociali, ragionieri, etc., i quali, altrimenti mandati allo sbaraglio, cercano di fare di necessità virtù, con la differenza che le Direzioni si pongono come “inter pares” verso l’esterno, e non come “I up and you down”…. Per comprendere quanto sia importante ricevere aiuto, sarebbe sufficiente pensare alle cose che siamo costretti a vedere ogni giorno: un gravissimo sovraffollamento, scarsezza di organici e di mezzi, oggettiva difficoltà nel proporre credibili programmi di recupero, nonché di impedire alle organizzazioni criminali più feroci la possibilità di “fidelizzare” quanti, ristretti di modesta e bagattellare pericolosità, vengano convinti ad atteggiamenti vendicativi verso uno Stato che non è in grado di assicurare una branda, uno sgabello, un “cesso” che non sia da condividere con decine di detenuti di tutti i paesi del mondo. In luoghi del vivere dove c’è il rischio di contrarre gravi malattie, dove le persone detenute sono stipate in celle dove l’acqua, anche se non potabile, diventa un bene prezioso, per lavarsi o per pulire le latrine comuni… Quanti affermino che queste penose condizioni di vita risulteranno disincentivanti affinché i detenuti non commettano, una volta ritornati in libertà altri reati, raggirano impietosamente la cittadinanza. L’unico modo per evitarlo con certezza è che i detenuti muoiano prima o si suicidino… Rimessi in libertà con un “carico” di odio senza pari, verosimilmente ritorneranno a commettere nuovi e più gravi reati, alla faccia della sicurezza parlata e muscolare. La rabbia e l’odio accumulato in giorni, mesi, anni di mortificazioni supereranno, nelle menti delle persone detenute, i sensi di colpa per i reati commessi, e spingerà molti di loro a ricercare soddisfazione nella commissione di altri delitti: BUGIARDA SICUREZZA è quella di quanti non comprendano o fingano di comprendere questa banale verità. Le carceri, così come sono oggi conciate, costituiscono il pericolo più grande che gli italiani debbano affrontare in termini di sicurezza nazionale. Se gli istituti penitenziari non saranno riportati, attraverso le necessarie assunzioni di personale e nuove strutture, a condizioni accettabili, risulteranno la migliore culla per le nuove leve del terrorismo nazionale ed internazionale, politico e religioso, delle peggiori criminalità organizzate, ed il luogo peggiore per tantissimi giovani tossicodipendenti, la cui vita scorre tra fiumi di metadone e l’assunzione massiccia di psicofarmaci, unico modo per dimenticare in quali inferni essi siano costretti a vivere. Anche per questo apprezziamo la concorrente azione di sensibilizzazione del Sottosegretario GIOVANARDI, circa l’opportunità che l’istituto della recidiva tenga conto delle difficoltà evidenti delle persone detenute tossicodipendenti, ove abbiano commesso reati modesti e pertinenziali al loro status di schiavi delle droghe: il carcere “secco”, in questi casi, è la peggiore delle soluzioni, piuttosto andrebbero rilanciate delle apposite strutture per tossicodipendenti, pure penitenziarie ove occorra, come quella che si intendeva realizzare a Castelfranco Emilia, ed il maggior utilizzo delle misure alternative… Tra l’altro siamo convinti che le azioni e le proposte del Ministro ALFANO e del Sottosegretario GIOVANARDI, se tradotte in pratica, troveranno ancora una volta nel mondo del volontariato, laico e religioso, sempre attento e vicino agli operatori penitenziari, nonché dai servizi sociali del territorio, effettiva attenzione e collaborazione, contribuendo a produrre SICUREZZA VERA E DURATURA, nonché a minori costi per la collettività. Il Presidente Dr.ssa Cinzia CALANDRINO Il Vicesegretario Nazionale Dr. Rosario TORTORELLA Il Vicesegretario Nazionale Aggiunto Dr. Francesco D’ANSELMO Il Consiglio DIRETTIVO Dr.ssa Antonietta CERBO, Dr.ssa M.Antonietta PEDRINAZZI, Dr.ssa Silvia DELLA BRANCA, Dr.ssa Angela GIANI’, Dr. Nicola PETRUZZELLI, Dr. Salvatore PIRRUCCIO, Dr. Francesco CACCIOLA, Dr. Giuseppe DONATO, Dr. Francesco DELL’AIRA.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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